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sabato 27 aprile 2013

Racconti: Il fuoco freddo


In una notte di primavera del 1945, senza luna, il Taccu di Sadali era avvolto dal buio completo.

Gli asfodeli  tutto il giorno in fiore, chiudevano il loro  petali al calare della notte.

Tre fratelli, tutti molto giovani, erano impegnati a badare alle capre.

Era una famiglia numerosa, il padre da tempo ammalato aveva bisogno di aiuto e per questo affidava questo compito ai figli. Salvatore il più grande aveva la responsabilità maggiore, non solo doveva badare al gregge, ma anche sorvegliare i fratelli minori affinché svolgessero il lavoro assegnato dal padre. Antonio 13 anni e Vittorio 15 anni, molto spesso si addormentavano, per fortuna il tempo era cambiato,  il freddo dell’inverno era quasi finito e si poteva dormire fuori senza rischiare di ammalarsi.

Quella fu una notte speciale che rimase impressa nella loro mente per parecchio tempo.

Erano circa le 3.30 forse le 4.00 nella zona di Prada a ridosso del Taccu di fronte al Comune di Esterzili, i ragazzi dopo aver sonnecchiato un po’, vennero  mandati dal fratello maggiore giù dal pendio ad effettuare quella pratica detta “murigada” consistente nel muovere le capre per farle riprendere a mangiare, in modo tale da ottenere di prima mattina un abbondate latte. I capretti, troppo piccoli per seguire le madri, vengono tenuti rinchiusi in un recinto al sicuro dai predatori.

Dopo qualche borbottio assonnato, Vittorio e Antonio ubbidirono all’ordine impartito dal fratello.

Lui gli indicò dove dovevano scendere e mentre si girava , tutti e tre videro in lontananza ad una distanza di cento metri, un fuoco. Salvatore si accorse che c’era qualcosa di strano, non si sentiva il crepitio delle foglie verdi che bruciavano, ma non volendo ammettere di aver paura, mandò ugualmente i ragazzi giù per il pendio.

Scesero in un viottolo ricavato dal ripetuto passaggio di animali e uomini, e mentre cercavano di districarsi dai rami dei lentischi, rocce e rovi, La fiamma era di un bellissimo colore arancione, grande e rischiarava tutta la zona. Le capre erano come sempre tranquille e brucavano l’abbondante erba. Loro conoscevano perfettamente quella zona, si può dire che dato il tempo che ci passavano, fosse come la loro casa.

Sembrava  che il fuoco venisse fuori da una pianta di leccio in mezzo ad un crepaccio, era un fuoco molto luminoso ma stranamente silenzioso. I ragazzi non furono molto sorpresi,  andarono verso le capre e come era stato loro impartito, le mossero affinché mangiassero regolarmente e dopo circa mezzora tornarono indietro sui loro passi. Guardarono nella direzione in cui avevano visto il fuoco e si accorsero che esso era scomparso. Vittorio fece notare ad Antonio che la situazione era proprio strana, ma data la loro giovane età l’innocenza cancellò ogni timore.

Mentre risalivano “sa scala” ossia il sentiero che permetteva di arrivare da valle fin su il “taccu”, Vittorio andò avanti mentre il piccolo Antonio seguiva a carponi, in mezzo alle rocce, ed ecco riapparire il fuoco. Era davanti a loro, di fianco sotto una cavità naturale, umida e ricoperta di capelvenere, Antonio allungò la mano e lo toccò, e tra lo stupore si accorse che si trattava di un fuoco freddo, non bruciava, non faceva rumore, non riscaldava. Emanava solamente una luce accecante. Vittorio urlò al fratello di salire velocemente, più in fretta.

I ragazzi vennero travolti da una paura senza confini, in preda al terrore corsero su per la “scala”, scalzi, i loro piedi lacerati dalle pietre di scisto che tagliavano la  pelle, il loro viso solcato da lacrime fredde di paura a cui si aggiunsero le spine di rovi che ne incisero la carne.

Arrivati a metà “scala”, il fuoco si spense, e nuovamente calò la notte, più nera che mai. Antonio, data la fretta di salire, non si accorse di essersi incastrato in una pianta di lentischio. Cercò di divincolarsi da quell’intreccio che a lui parvero tante mani che tentavano di bloccarlo.

I minuti sembrano ore, poi con un po’ di coraggio risalirono e raggiunsero il fratello maggiore che gli aspettava  muto dallo spavento. Ascoltò il  racconto dei fratelli ma non diede apparentemente  nessuna  importanza , dentro di lui si celava una paura difficile da ammettere. Dopo terminate tutte le faccende legate all’ovile,  tutti e tre insieme tornarono a casa. La madre, donna  attenta alle manifestazioni della natura e ai segni divini, sentito il racconto, lo interpretò come un segno premonitore. Dopo pochissimo tempo il padre dei ragazzi morì, lasciando una giovane vedova da sola con  otto figli.

 Margini dell'altopiano
 
 
Cavità naturale che offre ospitalità a capre e uomini 
 Località Prada, altopiano e cantoniera

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