In una notte di primavera del 1945, senza luna, il Taccu di
Sadali era avvolto dal buio completo.
Gli asfodeli tutto il giorno in fiore, chiudevano il
loro petali al calare della notte.
Tre fratelli, tutti molto giovani, erano
impegnati a badare alle capre.
Era una famiglia numerosa, il padre da tempo
ammalato aveva bisogno di aiuto e per questo affidava questo compito ai figli.
Salvatore il più grande aveva la responsabilità maggiore, non solo doveva
badare al gregge, ma anche sorvegliare i fratelli minori affinché svolgessero
il lavoro assegnato dal padre. Antonio 13 anni e Vittorio 15 anni, molto spesso
si addormentavano, per fortuna il tempo era cambiato, il freddo dell’inverno era quasi finito e si
poteva dormire fuori senza rischiare di ammalarsi.
Quella fu una notte speciale che rimase
impressa nella loro mente per parecchio tempo.
Erano circa le 3.30
forse le 4.00 nella zona di Prada a ridosso del Taccu di fronte al Comune di
Esterzili, i ragazzi dopo aver sonnecchiato un po’, vennero mandati dal fratello maggiore giù dal pendio
ad effettuare quella pratica detta “murigada” consistente nel muovere le capre
per farle riprendere a mangiare, in modo tale da ottenere di prima mattina un
abbondate latte. I capretti, troppo piccoli per seguire le madri, vengono
tenuti rinchiusi in un recinto al sicuro dai predatori.
Dopo qualche borbottio
assonnato, Vittorio e Antonio ubbidirono all’ordine impartito dal fratello.
Lui gli indicò dove
dovevano scendere e mentre si girava , tutti e tre videro in lontananza ad una
distanza di cento metri, un fuoco. Salvatore si accorse che c’era qualcosa di
strano, non si sentiva il crepitio delle foglie verdi che bruciavano, ma non
volendo ammettere di aver paura, mandò ugualmente i ragazzi giù per il pendio.
Scesero in un viottolo
ricavato dal ripetuto passaggio di animali e uomini, e mentre cercavano di
districarsi dai rami dei lentischi, rocce e rovi, La fiamma era di un
bellissimo colore arancione, grande e rischiarava tutta la zona. Le capre erano
come sempre tranquille e brucavano l’abbondante erba. Loro conoscevano
perfettamente quella zona, si può dire che dato il tempo che ci passavano,
fosse come la loro casa.
Sembrava
che il fuoco venisse fuori da una pianta di leccio in mezzo ad un
crepaccio, era un fuoco molto luminoso ma stranamente silenzioso. I ragazzi non
furono molto sorpresi, andarono verso le
capre e come era stato loro impartito, le mossero affinché mangiassero
regolarmente e dopo circa mezzora tornarono indietro sui loro passi. Guardarono
nella direzione in cui avevano visto il fuoco e si accorsero che esso era
scomparso. Vittorio fece notare ad Antonio che la situazione era proprio
strana, ma data la loro giovane età l’innocenza cancellò ogni timore.
Mentre risalivano “sa
scala” ossia il sentiero che permetteva di arrivare da valle fin su il “taccu”,
Vittorio andò avanti mentre il piccolo Antonio seguiva a carponi, in mezzo alle
rocce, ed ecco riapparire il fuoco. Era davanti a loro, di fianco sotto una
cavità naturale, umida e ricoperta di capelvenere, Antonio allungò la mano e lo
toccò, e tra lo stupore si accorse che si trattava di un fuoco freddo, non
bruciava, non faceva rumore, non riscaldava. Emanava solamente una luce
accecante. Vittorio urlò al fratello di salire velocemente, più in fretta.
I ragazzi vennero
travolti da una paura senza confini, in preda al terrore corsero su per la
“scala”, scalzi, i loro piedi lacerati dalle pietre di scisto che tagliavano
la pelle, il loro viso solcato da
lacrime fredde di paura a cui si aggiunsero le spine di rovi che ne incisero la
carne.
Arrivati a metà
“scala”, il fuoco si spense, e nuovamente calò la notte, più nera che mai.
Antonio, data la fretta di salire, non si accorse di essersi incastrato in una
pianta di lentischio. Cercò di divincolarsi da quell’intreccio che a lui parvero
tante mani che tentavano di bloccarlo.
I minuti sembrano ore,
poi con un po’ di coraggio risalirono e raggiunsero il fratello maggiore che
gli aspettava muto dallo spavento.
Ascoltò il racconto dei fratelli ma non
diede apparentemente nessuna importanza , dentro di lui si celava una
paura difficile da ammettere. Dopo terminate tutte le faccende legate
all’ovile, tutti e tre insieme tornarono
a casa. La madre, donna attenta alle
manifestazioni della natura e ai segni divini, sentito il racconto, lo
interpretò come un segno premonitore. Dopo pochissimo tempo il padre dei
ragazzi morì, lasciando una giovane vedova da sola con otto figli.
Margini dell'altopiano
Cavità naturale che offre ospitalità a capre e uomini
Località Prada, altopiano e cantoniera
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