Si era a oltre meta giugno e le messi biondeggiavano, ma
non
erano ancora mature per la mietitura. Era ben matura la fame
però e Rosica idecise, come usavasi, di andare a mietere
qualche
mannello, scegliendo qua e là le spighel piu belle e
precoci. Le
avrebbe esposte al sole per alcuni giorni e poi dai con un
basto-
ne adatto a far useire i bei chicchi benedetti. Si sarebbe
sfamata
lei e la sua creatura non avrebbe piu pianto tanto a lungo
per-
che nei suoi seni, vizzi anzitempo, non c'era nulla e
la bimba si
stancava di succhiare invano.
Partì al primo chiarore con la banibina in braccio
che dormiva
col ditino in bocca.
Il suo andare era svelto e leggero, che quel fagottino
urnano
piu che peso le dava vigore, ed essa le parlava anche se
dormiva:
"Coraggio anima mia, oggi si taglia e si stende
nelle ore più calde
e anche domani, poi si batte, si lava si fa asciugare e
inclurire al
sole, si purga, si macina, magari mettendomi io stessa a
far gi-
rare la mola. Subito dopo si preparera su farigu (semolino) e
costeddas
(focacce) nel focolare (su foscili) che, condite con tanto appetito saranno
cosi saporite che non ci accorgeremo neppure che la pasta non era
fermentata.
Si perché qui c’e fretta e basta. Cosi mammina tua avrà
latte abbondante e tu non succhierai invano queste poppe cli
vecchia».
Aveva fatto quasi due ore di strada senza
accorgersene.
La giornata era bellissima e la campagna stupenda,
imperlata di
rugiada con le messi ondeggianti e le trine di fiori dai
colori
sgargianti e dal profumo delicato tutto attorno ai campi di
gra-
no sembravano quadri dipinti da un maestro divino. Le
farfalle
erano gia all'opera e gli uccelli allietavano il tutto con
voli e
canti d'allegria.
A completare il quadro mancavario i campanacci delle greg-
gi, ma quelle erano altrove perché nella vidazzone non
potevano
stare, per il bestiame c'era su passiali (zona pascolativa).
La bambina si sveglio e restò incantata ad ammirare un uc-
cellino che saltellava cinguettando fra i rami di un
peruzzo (pirastu) la
vicino e dalle farfalle, che svolazzavano attorno come se
volessero
farle festa. Era uno spettacolo meraviglioso, ma Rosica aveva fretta e
il suo pensiero correva alle belle spighe; mise la sua
Crescentina
al seno, ma solo per urn po' perché il latte finì subito.
La sistemò alla meglio sotto il peruzzo e via a caccia delle
spighe piu belle e mature, volgendo ad ogni istante lo
sguardo
e l'orecchio verso la sua creatura.
Le mani correvano agilissime dietro il pensiero e, in breve,
aveva quasi riempito il sacco di grosse spighe turgide.
E fu come un baleno: un'ombra attraversò il campo e piombò
sulla bambina, l'aquila, la ghermì con gli artigli feroci
nelle car-
ni tenere e nude e la portò via, prendendo subito quota
nella pro-
fonda valle. La madre, al momento, non si rese bene conto,
non
ne ebbe il tempo, e poi... non poteva essere, non poteva
credere ai
suoi occhi, però... il pianto, gli strilli, si, erano della
sua bambina.
Ma come era possibile che fosse stata portata via la sua
bambina, così in un attimo, ora che avrebbe potuto
allattarla a
sufficienza?
E fu subito, al volo, dove l'aveva lasciata, ma, ahimé,
trovo
soltanto quel misero straccio con cui l'aveva avvolta. Poi
verso la
profonda valle vide l'aquila già lontana con la sua
creatura, che si
dirigeva al suo nido nel rocciaio di fronte.
Ora una grossa nuvola aveva coperto il cielo, gli uccelli
non
cantavano più e le farfalle erano come paralizzate. Rosica
si lan-
ciò come una forsennata in quella direzione, urlando
disperata-
mente ,saltando rocce e dirupi, insensibile agli insulti di
spine
e sterpi sulle vesti e sulla carne, chiarnando la sua
bambina e
invocando la Madonna.
La gente raccontava poi che i suoi lamenti si sentivano per
tanto tempo nella grande vallata, ripetuti dall'eco, ma
nessuno
la vide più. Solo qua e la, fra spine e brocchi, brandelli
delle sue
misere vesti che ognuno prendeva e teneva come sacre
reliquie.
Ai piedi della roccia dov'era il nido, mani pietose
avrebbero
eretto un’umile cappella e per lunghissimi anni non vi
sarebbero
mai mancati fiori. Un'altra leggenda vuole che l'aquila
avesse
risparmiato la bambina e un pastore l'avesse allevata
assieme ai
suoi figli.
Nella tradizione popolare e rirnasto questo breve canto:
Crescentina Marongiu Crescentina Marongiu
né fasca né liongiu né panni né fascie
e nimancu lanzada e neanche uno straccetto
de s'abila liada portata via dall'aquila
"Tratto dal libro di Antonio Piras, _ Sadali, la terra, la storia, il mito_"
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